Per chi pratica la speleologia, il termine “speleologia glaciale”, non è sicuramente nuovo. Si tratta di praticare l’attività speleologica all’interno di ghiacciai. Per poter effettuare qualche scatto particolare e anche praticare attività su ghiacciaio, verso la fine di Settembre ho fatto un’escursione alla vedretta di Vallelunga, in alta val Venosta, alle sorgenti del fiume Adige.
Già da alcuni anni, il ghiacciaio è monitorato anche dagli speleologi, e così mi sono aggregato ad Andrea, Roberto e Tommaso. Per questioni climatiche, sono stati fruttati tre giorni di bel tempo infrasettimanali, e questo a portato a dover calibrare bene i tempi, almeno per il sottoscritto. Avendo solo un giorno a disposizione, i tempi effettivi di attività glaciale si sono ridotti notevolmente. La partenza all’alba, prima delle 5.00, le oltre due ore di macchina, seguite poi da un tratto in bici per accorciare i tempi e il sentiero per salire alla vedretta, mi hanno portato ad essere operativo verso le 10.00.
Le indicazioni di Andrea, che era salito il giorno prima e dormito in tenda in prossimità del ghiacciaio, erano chiare, la prima ad essere esplorata e rilevata, una grotta di contatto a circa 100 metri sulla sinistra uscendo dal traforo terminale.
Ovviamente non ho notato l’ingresso e mi sono ritrovato in una seconda grotta, che percorsa tutta non dava traccia di nessun passaggio evidente. Poco importa, scatto alcune immagini e mi sposto più avanti nel traforo lungo, altra grotta indicata da Andrea. Anche qui nemmeno l’ombra, vari scatti fatti dentro e fuori e poi pausa pranzo. Decido di costeggiare tutto il perimetro del grosso collasso avvenuto armai da tempo e mi imbatto in due bastoncini fuori da un piccolo ingresso quasi collassato, fossile. Entro e trovo i loro sacchi, finalmente ci sono.
Percorro tutta la grotta e arrivo tra le varie diramazioni, alla seconda uscita, ci son tracce di passaggio, forse li trovo. Niente nemmeno l’ombra. Rientro e incomincio di nuovo a scattare tutto con autoscatto, ripercorro tutta la grotta e non incontro nessuno. Chissà quale diramazione hanno trovato che non ho visto e quanto va avanti. Uscito al sole, poco dopo vedo arrivare i tre amici speleologi, ci siamo rincorsi all’interno della grotta e loro usciti dall’ingresso superiore sono andati a mangiare percorrendo il ghiacciaio esterno mentre io lo percorrevo all’interno.
Non fa nulla, ci salutiamo, ci confrontiamo sulle varie gallerie viste rilevate e fotografate, poi Roberto sorvola con il drone il ghiacciaio in alto, oltre i 3000 metri, un’immensa distesa di neve che oltrepassa il confine e arriva in Austria. L’emissario che forma la cascata e poi entra più in basso nella vedretta esplorata, formando un tunnel passante, esce da blocchi di ghiaccio, non si vede una galleria in uscita e quindi niente salita per vedere anche quello. Immagini spettacolari vengono trasmesse dal drone, complice anche una giornata senza nuvole. Ormai il tempo della mia giornata è quasi giunto al termine, devo scendere e rientrare, loro rimangono ancora una notte, andranno a controllare dei mulini più a monte ed altre gallerie di contatto. Il sistema rilevato raggiunge gli oltre 600 metri di sviluppo, alcuni punti interrogativi da verificare e i mulini ancora da scende per mancanza di tempo.
Il rientro alla macchina risulta essere più veloce del previsto, sapendolo potevo fermarmi ancora un pochino. Esperienza bella, il ghiaccio è affascinante e nello stesso tempo inquietante, al suo interno ti senti un niente rispetto alla grandezza del luogo, luogo che purtroppo è segnato al suo inesorabile destino, trasformarsi di nuovo il acqua e ricominciare il ciclo dando vita a torrenti, fiumi, laghi, mare, nuvole e nuovamente acqua o neve per ricominciare un altro ciclo. Grazie ad Andrea Benassi, Roberto Pettirosso e Tommaso Biondi.